I disturbi dell’alimentazione (tra i principali ricordiamo: bulimia nervosa, anoressia nervosa e disturbo da alimentazione incontrollata) non hanno un impatto solo per coloro che ne soffrono ma anche per le persone che vivono accanto a chi ha questa problematica.

In particolar modo i familiari possono sentirsi frustrati, impauriti, infastiditi, in colpa, per la situazione in cui la persona a loro cara si trova.

Molte informazioni inadeguate, oltretutto, generano confusione e false convinzioni che possono impedire alla famiglia di aiutare in modo adeguato il proprio familiare!

Ad oggi le cause dei disturbi dell’alimentazione non sono ancora note!

Si pensa che il disturbo sia l’espressione dell’interazione di molti e complessi fattori di rischio genetici e ambientali!

Tuttavia, la ricerca ci ha permesso di individuare alcuni potenziali fattori di rischio:

FATTORI DI RISCHIO GENERALI:
  • SESSO FEMMINILE (probabilmente perché sono più soggette a mettersi a dieta rispetto agli uomini)
  • ADOLESCENZA E PRIMA ETà ADULTA
  • VIVERE IN UNA SOCIETà OCCIDENTALE (ideale della magrezza – enfatizzazione dei media alla magrezza – industria delle diete e prodotti dietetici (che ha fatturato 60 miliardi di dollari solo negli Stati Uniti nel 2012)
FATTORI DI RISCHIO INDIVIDUALI:
Condizioni presenti nei familiari:
  • disturbi dell’alimentazione
  • depressione
  • alcolismo (in particolare del padre, per lo sviluppo di bulimia nervosa)
  • tratti ossessivi e perfezionistici (fattore di rischio per anoressia nervosa)
  • obesità (fattore di rischio per bulimia nervosa)
Esperienze prima dello sviluppo del disturbo dell’alimentazione
  • complicazioni ostetriche/perinatali
  • abusi sessuali (fattore di rischio per tutti i disturbi mentali)
  • esperienze di derisione per il peso e la forma del corpo (fattore di rischio specifico per lo sviluppo di bulimia nervosa)
  • lavori o attività ricreative che incoraggiano la magrezza (danza classica – mondo della moda)
Caratteristiche dell’individuo:
  • obesità (rischio per lo sviluppo di bulimia nervosa e alimentazione incontrollata)
  • problemi alimentari e digestivi nella prima infanzia
  • preoccupazione per il peso e la forma del corpo
  • bassa autostima
  • perfezionismo
  • intolleranza alle emozioni
  • ansia e disturbi d’ansia
Comportamenti:
  • dieta (chi si mette a dieta è 8 volte più a rischio di sviluppare un disturbo dell’alimentazione)

Vista la complessità della problematica, come aiutare la persona a noi cara se ha un disturbo dell’alimentazione?

La risposta è complessa, poiché spesso chi soffre di disturbi dell’alimentazione non pensa di avere un problema, anzi, spesso trova nella magrezza e nel controllo dell’alimentazione una soluzione (illusoria) ad alcuni importanti problemi personali e interpersonali.

Per questo motivo possono rifiutare di recarsi da uno specialista per essere valutati ed eventualmente curati.

Ma, la ricerca ci dice che più tardi la persona si rivolge ad uno specialista, minori sono le possibilità di guarigione!

Perciò, ecco alcuni suggerimenti utili per supportare un parente o amico che soffre di disturbi dell’alimentazione e avvicinarlo a riconoscere il problema.

IN GENERALE:

  1. incoraggiare a consultare uno specialista solo per fare una valutazione e non per iniziare un trattamento
  2. ricordare che la persona che soffre di disturbo dell’alimentazione sta cercando di risolvere un problema o un conflitto trovando nella magrezza e nel controllo dell’alimentazione una “pseudosoluzione” ai suoi problemi di autovalutazione. Perciò non colpevolizzarla/o per il problema che ha! Ha solo bisogno di capire!
  3. non fare commenti sul peso e sulle forme del corpo! La persona potrebbe aver già ricevuto commenti negativi e ulteriori commenti potrebbero risultare irritanti, o diventare motivo di litigio. Meglio concentrarsi sugli effetti negativi del disturbo (sbalzi di umore, irritabilità, isolamento dalla vita sociale, non permette di raggiungere obiettivi per lei/lui importanti, difficoltà di rendimento ecc.) e su interessi positivi e salutari come la scuola, gli amici, il tempo libero, piuttosto che su peso e forme del corpo.
  4. non forzare la persona a mangiare. Meglio insistiate affinché faccia una valutazione specialistica e cerchi aiuto professionale.
  5. nel caso la persona a noi cara sia un minore è bene insistere in modo gentile e rimanere fermi affinché venga visto un professionista.
  6. nel caso in cui il familiare sia sottopeso o si abbuffa e vomita molte volte al giorno è bene che siate voi i primi a chiedere aiuto ad un professionista per capire come meglio affrontare la situazione. Potrebbe anche essere necessaria un’ospedalizzazione anche senza il consenso della persona malata. Va tenuto presente che questa è una soluzione che raramente è valida nel lungo termine e potrebbe aumentare le resistenze al cambiamento della persona che soffre di disturbo dell’alimentazione.

NELLO SPECIFICO:

  1. Pazientare: guarire da un disturbo dell’alimentazione richiede tempo, ma con un trattamento adeguato è possibile.
  2. Supportare: fornire rassicurazione al vostro familiare/amico che siete preoccupati perché gli volete bene e perché siete interessati a lei.
  3. Ascoltare:
    • provate a mettervi nei panni della persona per capire ciò che sta vivendo. Questo aiuterà sia nel dialogo, sia nel far sentire meno sola la persona che soffre. Domande utili da porre a se stessi: cosa sta provando? come si può sentire? quali esperienze di vita potrebbero averla spinta a comportarsi così? se io mettessi in atto quel comportamento o dicessi ciò che ha detto lei, come immagino che potrei sentirmi?
    • ascolto attivo: dopo che la persona vi ha parlato ripetetele a parole vostre ciò che avete capito o sentito in modo tale da dare l’opportunità alla persona di chiarire eventuali malintesi.
  4. non giudicare: cercate di avere fiducia nelle capacità del vostro familiare di poter cambiare.
  5. parlare apertamente e onestamente: informate il vostro familiare delle preoccupazioni che avete per lui, ricollegandovi al fatto che reputate per tale motivo che possa essere utile che sia valutato da uno specialista.
  6. non minacciare: non è colpa sua se ha un disturbo dell’alimentazione.
  7. astenersi dal fare alcuni commenti negativi: essi possono far altro che aumentare la resistenza al cambiamento. Alcuni esempi di commenti che è meglio evitare: “perché stai facendo questo a te e a noi?” “lo fai per attirare la nostra attenzione?” “perché non puoi mangiare come tutti gli altri?” “vergognati di continuare a fare la dieta, per guarire basta che ci metti un po’ di buona volontà” “mi darai un dolore tremendo se non ti curi” “ho fatto tanto per te e questo è il risultato; è così che mi ripaghi?” “sei malato pensi solo al cibo” “stai rovinando la famiglia. Non riusciamo a vivere più con te”
  8. vedere al di là dei problemi di peso e dell’alimentazione: in tal modo la persona si sentirà considerata nella sua interezza come persona.

Per concludere…

Questi suggerimenti non sempre funzionano, e quando si ha un familiare con un disturbo dell’alimentazione è sempre raccomandabile prendere contatti con uno specialista per capire, nel caso specifico, come essergli d’aiuto.

Suggerimenti di libri utili sull’argomento (e su cui si basa l’articolo):
  • Disturbi dell’alimentazione: una guida pratica per i familiari. Riccardo Dalle Grave – Positive Press
  • Come Vincere i Disturbi dell’Alimentazione. Un Programma Basato sulla Terapia Cognitivo Comportamentale. Seconda Edizione Riccardo dalle Grave – Positive Press
Suggerimenti di siti utili sull’argomento:

http://www.dallegrave.it/