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Nell’ articolo precedente abbiamo visto le principali tipologie di ansia nei bambini.

Come si sviluppano difficoltà ansiose nei bambini?
Come si può intervenire?

Sono questi i quesiti a cui cercheremo di dare una risposta in questo articolo.

Ci concentreremo soprattutto sul disturbo d’ansia da separazione, sia per la sua prevalenza sia per la sua centralità nell’ambito della psicopatologia dell’età evolutiva.

 

Ci sono diversi modelli psicologici che hanno fornito un’interpretazione all’ansia di separazione.

In questo articolo però ci soffermeremo su due prospettive principali:

Cognitivo-comportamentale
• Cognitivo-evolutiva

 

PROSPETTIVA COGNITIVO-COMPORTAMENTALE

 

Secondo questi modelli clinici l’ansia è determinata da specifici modi di pensare del bambino in determinate situazioni.

Infatti, i bambini con ansia elevata rispetto a quelli che hanno livelli minori, presenterebbero una DIFFICOLTA’ NEL PIANIFICARE STRATEGIE (COMPORTAMENTI) PER GESTIRE LA SITUAZIONE (MINACCIA) TEMUTA.

Di conseguenza, una situazione (anche apparentemente neutra) viene percepita come minacciosa.  

Come intervenire?

I programmi cognitivo-comportamentali si sono mostrati efficaci per il trattamento dei disturbi d’ansia nei bambini e negli adolescenti.

A quale obiettivo mirano?
Aiutano il bambino a riconoscere i segnali ansiosi e trovare delle strategie utili per gestirli ed accettarli (perchè l’obiettivo non è quello di non provare l’ansia – ciò non è un obiettivo realistico). 

 

Tali programmi sono accomunati dai seguenti elementi:

  • Accoglienza del disagio portato dal bimbo
  • Indagine delle situazioni temute
  • Psicoeducazione: si cerca di spiegare ai bambini e ai genitori i principi alla base del trattamento cognitivo-comportamentale con particolare riferimento alla relazione tra pensieri, emozioni e comportamenti; inoltre, si spiega cosa sono l’ansia e la paura;
  • Lavoro basato sul riconoscimento e sulla gestione delle emozioni, al fine di prenderne maggiormente coscienza e quindi scegliere modalità utili per gestirle;
  • Aiutare il bambino a prendere consapevolezza dei propri pensieri (dialogo interno ed immagini) e della loro relazione con il manifestarsi della risposta ansiosa;
  • Trasformazione delle modalità di linguaggio interiore che generano ansia in una modalità finalizzate a ridurla;
  • Esposizione: mettere in pratica le abilità emotive e cognitive su cui si è precedentemente lavorato, nelle situazioni temute dal bambino;
  • Mantenimento: ci si accerta che il bambino mantenga e consolidi le strategie imparate;

 

PROSPETTIVA COGNITIVA- EVOLUTIVA

 

Questa prospettiva fa riferimento alla teoria dell’attaccamento. I bambini che presentano una sintomatologia ansiosa sembrerebbero caratterizzati da un attaccamento di tipo AMBIVALENTE nella prima infanzia.

Cosa si intende per attaccamento AMBIVALENTE? Come si caratterizza?

I bambini che sviluppano questa tipologia di attaccamento vivono in contesti di accudimento caratterizzati da una certa dose di INSTABILITA’ ED IMPREVEDIBILITA’ (talvolta il genitore risponde alle richieste di accudimento del figlio ma altre no, in maniera del tutto imprevedibile).

In questi contesti i genitori mettono in atto dei comportamenti spesso iperprotettivi che limitano l’esplorazione del bambino ed implicitamente stanno descrivendo la realtà esterna come “minacciosa”/”pericolosa” e il bambino come vulnerabile e privo di strumenti per gestire tale minaccia.

Qual è il comportamento di un bambino che sente il mondo esterno come minaccioso?

Ricerca costantemente la vicinanza del genitore (ad esempio pianto, capricci…) , colui che lo può proteggere dall’ambiente esterno minaccioso!

In aggiunta, la scarsa esplorazione dell’ambiente circostante non permette al bambino di riconoscere ed articolare l’emozione della paura, in particolare quella relativa alla separazione.

 

 

Questi bambini quindi non avendo avuto la possibilità di sperimentare emozioni di paura, in particolare quella della separazione, diventano incapaci a riconoscerla e a comunicarla 

 

Come intervenire secondo la prospettiva cognitivo-evolutiva?

  • Aiutare genitori e bambini a focalizzarsi verso l’interno della relazione piuttosto che verso l’esterno (in che modo?)
  • Aiutare il bambino a riconoscere gli stati emotivi, a dare loro un nome, a comunicarli e a gestirli in maniera efficace
  • Fornire spiegazioni rispetto a come si è sviluppato il disturbo ansioso, sulle risposte ansiose date dal bambino e sulle tecniche che si andranno ad utilizzare per risolvere il problema.

 

Come si supporta con il bambino che presenta sintomi ansiosi?

Il lavoro con il bambino si articolerà su alcune componenti:

• Somatica
• Emotiva
• Cognitiva
• Comportamentale

 

COMPONENTE SOMATICA

Tramite l’utilizzo di schede o divertenti “diarietti” di autosservazione si cerca di aiutare il bambino a sviluppare una maggior consapevolezza delle sensazioni corporee connesse a diverse emozioni, differenziando in particolare i vari segnali corporei indicatori di ansia.

Poiché per i bambini non può essere sempre facile rilassarsi una volta riconosciuti i segnali di tensione, può essere utile agevolare lo stato di rilassamento attraverso tecniche specifiche, come il rilassamento muscolare progressivo di Jacobson, con ovviamente delle accortezze che lo rendano stimolante.

 

 

COMPONENTE EMOTIVA

Un secondo obiettivo su cui lavorare con il bambino è aiutarlo a capire come determinate sensazioni somatiche siano associate ai diversi stati emozionali.

Un lavoro di monitoraggio delle emozioni con i bambini li aiuterà a capire che:

  • le emozioni cambiano durante la giornata
  • specifici eventi o situazioni evocano emozioni differenti pensieri ed emozioni sono collegati
  • l’intensità delle emozioni varia nel tempo

 

In questo modo saranno in grado di prendere consapevolezza delle emozioni provate, a dargli un nome divenendo abili nel riconoscerle sia a livello sensoriale che a livello emotivo.

Cosi facendo, riusciranno a trovare un modo per fronteggiare le situazioni ansiogene, capendo che ciò che si sente varia sulla base di ciò che si pensa.

Con il tempo vi è un’accettazione maggiore delle emozioni negative ed una riduzione dell’ansia.

 

COMPONENTI COGNITIVE

In questo caso il lavoro con il bambino prevede il riconoscimento dei propri pensieri e degli scenari immaginativi che scorrono nella sua mente.

Il riconoscimento e la presa di consapevolezza rispetto alle cognizioni (pensieri) legate allo stato ansiogeno possono essere facilitate tramite l’utilizzo del disegno e del fumetto che hanno come protagonista all’inizio qualche personaggio fantastico e successivamente lo stesso bambino in situazioni temute di ansia. 

Una volta riconosciuti i pensieri più drammatici rispetto alla situazioni di ansia si può procedere con una graduale modificazione degli stessi in modo da renderli meno terrificanti.

 

 

Spesso, dato che i bambini possiedono un’immaginazione molto fertile può risultare utile e motivante per il bambino utilizzare delle tecniche immaginative.

L’immaginazione infatti può essere utilizzata per indurre uno stato di rilassamento, per contrastare l’insorgere dell’ansia.

 

COMPONENTE COMPORTAMENTALE

I bambini con disturbo d’ansia da separazione possono mostrare la tendenza a evitare o fuggire da quelle situazioni che rappresentano una fonte di disagio e sofferenza (tali situazioni sono presentate nell’articolo che potrete leggere cliccando qui).

A questo proposito, può essere utile supportarli con interventi di PROBLEM SOLVING, orientati a trovare opzioni di comportamento possibili, ad analizzarne le conseguenze e a scegliere uno da portare avanti in maniera appropriata.

 

Conclusioni:

Riassumendo il lavoro con i bambini che presentano difficoltà ansiose è importante:

  • aiutarli nella presa di consapevolezza delle emozioni, nel loro riconoscimento, nel dargli un nome
  • aiutarli nella presa di consapevolezza delle reazioni fisiologiche collegate alle emozioni
  • favorire riconoscimento dei pensieri collegati allo stato ansiogeno
  • orientare verso comportamenti più funzionali da metter in atto per gestire la situazione ansiogena.

Inoltre il genitore è bene che per primo mostri al figlio che:

  • tutte le emozioni vanno bene, hanno una ragione di essere, e come arrivano poi vanno via.
  • Le emozioni dipendono molto da ciò che pensiamo: se riconosciamo i nostri pensieri negativi disfunzionali possiamo poi discuterli, senza prenderli per veri, per la realtà. 
  • un pensiero è un pensiero
  • la realtà può essere pericolosa, ma anche no! 
  • se da soli non riusciamo ad affrontare una situazione posiamo chiedere aiuto

queste sono alcune riflessioni che ognuno di noi è utile che si ricordi e trasmetta ai propri figli. 

Per qualsiasi dubbio o domanda, non esitare a scrivere o contattare.

 

 

Bibliografia:

Lambriuschi, F. (2004). Psicoterapia dell’età evolutiva. Torino: Bollati Boringhieri.